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Cos’è successo negli ultimi sessant’anni?
Nel giro di sessant’anni la scuola media unica, che festeggerà il compleanno alla fine del 2022, è passata dall’essere il successo del riformismo democratico al fanalino di coda del nostro sistema scolastico… e spesso è stata definita come il buco nero della scuola italiana. Lo sostengono i due Rapporti sulla scuola media della Fondazione Agnelli, usciti il primo nel 2011 e il secondo nel 2021.
Nel corso degli anni l’unificazione della scuola media, che aveva l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali, le ha invece man mano ingigantite e abbiamo, quindi, progressivamente assistito allo svuotamento e all’impoverimento delle finalità ugualitarie della Legge 1859 del 1962, considerata l’unica vera grande riforma strutturale della scuola realizzata in Italia nel dopoguerra. È nata così la scuola media unica, una scuola aperta a tutti, per realizzare, dopo la scuola elementare (primaria) l’obbligo di istruzione che la Costituzione aveva previsto per una durata complessiva di almeno otto anni.
Tenendo conto che il fine della scuola media, diventata obbligatoria e gratuita, era proprio quello di elevare il livello culturale di ciascun cittadino e di tutto il popolo italiano, soprattutto nelle campagne e nelle zone più povere del Paese, si progettò quindi un nuovo modello di scuola, pensato per un “preadolescente” di allora, ma visto come una continuazione dell’istruzione elementare con una secondaria ginnasiale, che tra l’altro ha sempre stentato a trovare una propria identità peculiare. Inoltre, la suddivisione in tre anni, rigida e schematica e l’approccio alle discipline spezzettato, secondo il Rapporto, non hanno contribuito a dare una funzione orientativa alla scuola media, ma hanno, invece, implementato un’attività selettiva aumentando insuccessi e abbandoni scolastici.
Nel tempo, nonostante i nuovi programmi varati nel 1979, è quindi diventato sempre più difficile personalizzare il percorso educativo e didattico e creare forme di maggiore collaborazione efficace con le famiglie e il territorio, rendendo di fatto impossibile il tentativo di attenuare i divari presenti nella nostra complessa realtà sociale.
Nel 2003, con la Legge 53, il percorso educativo di istruzione e formazione viene articolato in due cicli: un primo ciclo, comprendente la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado (ex scuola media) e un secondo ciclo comprendente il sistema dei licei e quello parallelo dell’istruzione e della formazione professionale. La scuola secondaria di primo grado, oltre ad accrescere le conoscenze e le abilità, avrebbe dovuto promuovere l’autonomia nello studio, il rafforzamento delle attitudini alla interazione sociale,… l’orientamento per la successiva scelta…: il tutto in relazione allo sviluppo della personalità dell’allievo.
Purtroppo negli anni, si evidenziava in modo sempre più chiaro lo sfilacciamento degli obiettivi che avevano sostenuto l’importante riforma della scuola media unica e molti ricercatori e studiosi hanno tentato di comprenderne i motivi.
Del resto il primo segnale che qualcosa non ha funzionato è il fatto che il nome è cambiato solo sulla carta e nei documenti ufficiali, ma per molti è rimasta la vecchia scuola media.
Vecchia perché la struttura organizzativa è ancora molto simile a quella del 1962?
Vecchia perché non ha più il compito di innalzare l’obbligo scolastico (ormai scopo del tutto superato) e non ha saputo attrarre su di sé la funzione di consolidare gli apprendimenti acquisiti nella primaria e di orientare per il futuro?
Nel 2011, proprio per accendere un faro sulla scuola media italiana, la Fondazione Agnelli è uscita con un primo rapporto in cui rilevava un declino degli apprendimenti dalle primarie alla secondaria di 1°grado e un’esplosione delle disuguaglianze nei risultati in base all’origine socio-culturale degli studenti.
(Le proposte di Fondazione Agnelli per la scuola media - Rapporto Scuola Media 2011)
Nel 2021, dieci anni dopo la prima analisi, il nuovo Rapporto della Fondazione Agnelli, curato da B. Romano e altri ricercatori, evidenzia che nonostante la Buona Scuola, il Covid e la rinnovata attenzione (politica e non) all’istruzione, la situazione della nostra secondaria di primo grado non è affatto migliorata: apprendimenti in calo, divari territoriali in aumento, professori poco formati e troppo propensi alla fuga sono alcuni dei problemi che il rapporto pubblicato intercetta. (E. Bruno)
Il Rapporto evidenzia una situazione molto complessa, che tra l’altro non rispetta il trend che ci si aspetterebbe dal momento che i risultati della primaria, evidenziati anche dai risultati Invalsi del 2021, sono in linea con le aspettative del resto del mondo, ma si apprestano a scendere nella scuola secondaria di I grado. (InvalsiOpen)
Dieci anni dopo, la qualità degli apprendimenti alla secondaria di I grado resta critica, inferiore non solo a gran parte degli altri Paesi avanzati, ma anche ai livelli che ci si poteva attendere sulla base dei risultati alla primaria. Come dimostrano le ultime rilevazioni internazionali Timss (matematica e scienze) le conoscenze in matematica dei nostri alunni in IV primaria sono ampiamente sopra la media internazionale, ma in III media scendono decisamente al di sotto.
(Le proposte di Fondazione Agnelli per la scuola media - Rapporto Scuola Media 2021)
Quindi, i dati evidenziano come la qualità degli apprendimenti dopo la scuola primaria sia destinata a diminuire in modo significativo durante i tre anni successivi e come aumentino, anche, i divari tra Nord e Sud e le diverse forme di diseguaglianza.
Oggi la scuola ha una priorità importante: implementare il livello di apprendimento degli studenti proprio nella scuola secondaria di primo grado, dove è fondamentale il riscatto degli apprendimenti e perché è la fascia di età dove esplodono divari e disuguaglianze.
Ma quale rischio stanno correndo i nostri ragazzi?
Non è solo quello di non fornire una serie di competenze di base - spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli -. Ma sappiamo che se non si fa bene il primo gradino, sarà difficile salire gli altri gradini successivi. E le scelte saranno fatte in maniera sbagliata. Se guardiamo anche alle Invalsi al termine della scuola, quasi uno studente su due, il 40 per cento, non raggiunge un livello adeguato di competenze: si è fatto 13 anni di scuola, ma ha imparato poco. Se c'è un segno di fallimento è quello. È andato a scuola, ma dietro non ha competenze. L'abbandono è soprattutto questo. (S. Coppetti)
Non è solo un problema di apprendimenti, ma anche di come i nostri studenti vivono la scuola, come percepiscono il loro benessere e il loro impegno. Infatti, è sempre più necessario tener conto di ciò che negli ultimi quindici anni le neuroscienze ci hanno insegnato, cioè di come, durante la preadolescenza e l’adolescenza, si sviluppa il cervello dei nostri ragazzi e come evolvono le loro capacità non solo cognitive ma anche emotive e relazionali.
(Le proposte di Fondazione Agnelli per la scuola media - Rapporto Scuola Media 2021)
E per i docenti?
Da sottolineare anche il crescente disagio del corpo docente di questo segmento scolastico; disagio che riguarda diverse dimensioni: età, formazione, standard professionali, reclutamento, motivazioni e carriera… Disagio che era già stato sottolineato nel primo Rapporto della Fondazione Agnelli e che sembra essere perdurato nel tempo, come risulta dal secondo Rapporto, dove le criticità prima citate sono, infatti, confermate o aggravate.
Nell’anno scolastico 2020-21 erano 202.000 i docenti della secondaria di primo grado (a tempo indeterminato e determinato), circa il 13% in più del 2011 (nello stesso periodo la popolazione studentesca alle medie è scesa del 3%). Poiché il numero di docenti di ruolo è rimasto quasi invariato (144.000 mila nel 2011, l’anno scorso poco più di 142.000), l’incremento si deve interamente alla crescita dei docenti precari: gli incarichi annuali o ‘fine al termine delle attività didattiche’ erano circa 35.000 (19%), l’anno scorso quasi 60.000 (30%). In particolare, nell’anno scolastico 2020-21 era drammatica la percentuale di precari nel sostegno (60% del totale del sostegno). (Dati riportati da Fidest)
Abbiamo inoltre un altro elemento preoccupante: la mancata continuità didattica, che ha ovviamente delle prevedibili conseguenze didattiche negative.
Nonostante un calo degli studenti del 3% rispetto a dieci anni fa i docenti risultano aumentati del 13 per cento. Ancora troppo alta però la quota di prof precari: gli incarichi annuali o «fine al termine delle attività didattiche» erano circa 35.000 (19%), l'anno scorso quasi 60.000 (30%), con un picco del 60% sul sostegno. Un elemento che non favorisce già di suo la continuità didattica. Se poi aggiungiamo che proprio alla secondaria di primo grado la “giostra degli insegnanti” è più attiva che mai - da un anno all'altro soltanto il 67% dei docenti rimane nella stessa scuola (contro l'83% nella primaria e il 75% alle superiori) - è inevitabile che a risentirne sia la qualità delle lezioni. Ci si scontra anche con un corpo insegnanti tra i più vecchi d’Europa; infatti l’età media della classe docente alle medie resta di 52 anni, ma analizzando meglio i dati emerge un elemento ancora più problematico: mentre un docente su sei ha 60 anni e oltre, solo uno su 100 è sui 30 anni. (E. Bruno)
Sul fronte della preparazione professionale, poi, emergono dei dati interessanti: 8 docenti su 10 si sentono ben preparati nei contenuti disciplinari, mentre solo 4 su 10 si sentono adeguati nella didattica della propria materia e nella pratica d’aula. Sorprendentemente, però, soltanto l’11% pensa di avere bisogno di ulteriore formazione didattica. (Orizzonte Scuola)
Inoltre, questa girandola di cattedre è anche incentivata e ampliata da una mancanza di vero orientamento professionale e della poca attrattività che hanno ormai le professioni educative. Nel tempo questa situazione si è sempre più accentuata e si teme che le novità previste dal Decreto legge 36/2022 non possano essere incisive e che il sistema di reclutamento continui a essere messo sotto pressione da questi nodi critici ormai presenti da anni. (A che punto siamo sulla formazione?)
Le esperienze vissute in laboratori e tirocini professionalizzanti, tra l’altro previsti dal decreto citato, potrebbero definire meglio quali devono essere le competenze professionali adeguate. Si dovrebbe, inoltre, poter far riferimento a un curricolo che abbia come orizzonte l’integrazione dei saperi, ma che soprattutto coniugi le esigenze di docenti e studenti nel poter usufruire di contesti sollecitanti.
La nostra scuola ha bisogno di professionisti. Anche i genitori chiedono una scuola nuova, moderna: il 65% auspica una maggiore attenzione alla preparazione dei figli nell’utilizzo di tecnologie nuove ed emergenti; il 53% una maggiore enfasi su nuovi tipi di carriere, impieghi e competenze necessarie in vista del futuro; il 46% maggiore preparazione su competenze non convenzionali o “soft” che saranno indispensabili in futuro. (A. Corlazzoli)
Saremo capaci di costruire una scuola diversa?
Certamente!
Bisognerà mettere in cantiere al più presto delle azioni be precise, anche con la collaborazione delle famiglie e di tutte le agenzie educative del territorio, per promuovere tutti i metodi che esistono per valorizzare l'evoluzione cognitiva ed emotiva del cervello adolescente. Introdurre strumenti e metodologie didattiche che favoriscano la valorizzazione delle inclinazioni personali e forniscano indicazioni e supporto alle scelte future degli studenti…
Occorrerà definire in tutte le scuole piani di crescita individuali.
Definire piani individuali di consolidamento di conoscenze e competenze (sia quelle scolastiche che quelle socio-emotive), per lavorare sul recupero delle fragilità e assecondare i talenti e le inclinazioni naturali di ognuno. Simulazioni, giochi e prove di apprendimento possono essere usati periodicamente per rilevare i cambiamenti positivi e far emergere eventuali nuove difficoltà. Lo studente migliora così la consapevolezza di sé e l'insegnante ottiene informazioni preziose per sostenerlo adeguatamente nel percorso di apprendimento.
(Le proposte di Fondazione Agnelli per la scuola media - Rapporto Scuola Media 2021)
Approfondimenti sull’argomento nel documento scaricabile:
Quali ipotesi e proposte per il rilancio della scuola secondaria di primo grado?
A cura di Viviana Rossi e Maria Enrica Bianchi
BIBLIO/SITOGRAFIA
• Fondazione Agnelli, Rapporti scuola media 2011;
Fondazione Agnelli rapporto 2021
• E. Bruno, Scuola media in crisi: apprendimenti in calo e insegnanti in fuga
• I risultati INVALSI 2021 della Primaria in Italiano e matematica
• S. Coppetti, La scuola media: tre anni da dimenticare
• Scuola: La scuola media perde punti e docenti di ruolo
• A cura della redazione, La scuola media peggiora: docenti “anziani”, più precari, poco valorizzati e in difficoltà con la didattica. Il rapporto della Fondazione Agnelli
• Corlazzoli, La scuola italiana non funziona perché?
• G. C. Sacchi, Buon compleanno scuola media. Una scuola di base che fa fatica a svolgere i suoi compiti
• E. Bruno, Scuola media italiana in crisi. rapporto Fondazione Agnelli 2021
Concludiamo questo articolo riportando l’auspicio di A. Gavosto, cioè che la secondaria di primo grado sia riportata al centro dell'attenzione pubblica per farle ritrovare una missione che garantisca efficacia ed equità: consentire a tutti gli studenti di acquisire apprendimenti di qualità, fare crescere la loro capacità di studiare in autonomia, orientare a scelte più consapevoli degli studi successivi. (E. Bruno)
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