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Strategie e metodologie didattiche per sviluppare l'intelligenza emotiva

Recenti ricerche neuro scientifiche hanno dimostrato come le emozioni abbiano un ruolo molto importante nell’apprendimento. Emozione e cognizione sono dunque fortemente connesse dal momento che sono proprio le emozioni ad accompagnare l’apprendimento di studenti e studentesse. In questo periodo di profondo malessere emozionale, diventa quindi fondamentale l'alfabetizzazione emotiva e l’uso di strategie e metodologie didattiche non solo per la crescita armonica dei nostri alunni/studenti, ma anche per il loro successo scolastico.

L'importanza dello sviluppo emotivo dei ragazzi

"Oggi la scuola sembra una corsa alla sopravvivenza. (…) Mentre imparo sento un’emozione, di gioia o di angoscia, che mi resta impressa. Se la memoria mi riporta l’emozione negativa, si crea un cortocircuito disfunzionale. (…) Se non capisco cosa sto studiando, quindi, mi affatico e mi sento in colpa e l’emozione antagonista mi fa faticare ancora di più, fino a bloccarmi. Con la tensione, e peggio con l’angoscia, non si impara". (Daniela Lucangeli, esperta di disturbi dell’apprendimento e docente di Psicologia dello Sviluppo presso l’Università di Padova)

Per anni il ruolo delle emozioni nell’apprendimento è stato piuttosto trascurato. L’apprendimento è stato sempre studiato in termini cognitivi e motivazionali, mentre le emozioni non solo non erano considerate, ma erano addirittura viste come ostacoli.

Recenti ricerche neuro scientifiche hanno dimostrato, invece, che le emozioni hanno un ruolo molto importante anche nell’apprendimento e che, quindi, promuovere lo sviluppo emotivo dei nostri alunni/studenti diventa sempre più indispensabile.

Anche perché gli studenti delle scuole italiane appaiono sempre più stressati, con un’incidenza superiore rispetto alla media europea.
"Il report OCSE 2022 mostra che, in uno studio condotto su 3651 studenti, il 70% di essi si dichiara preoccupato riguardo la propria situazione di studente, rispetto al 56% della media europea. Il 56% ammette di essere nervoso riguardo alle verifiche da svolgere in classe, percentuale ben più alta rispetto al 37% europeo. Molti dichiarano di vivere attacchi di panico causati dalla paura delle valutazioni dei professori".
(Dilaga l’allarme ansia tra gli studenti universitari: la situazione in USA e in Italia)

E non parliamo solo di stress, ansia e depressione, dovuti a paura e timore di essere interrogati, verificati; troppi compiti o troppe pressioni legate al raggiungimento dei risultati da parte dei genitori…
Parliamo anche delle difficoltà della relazione educativa che insegnanti, educatori, genitori vivono quotidianamente: un disagio crescente che attanaglia in particolare preadolescenti e adolescenti. Basti pensare al minor valore attribuito allo studio e all’impegno formativo, al crescere della demotivazione nei riguardi della scuola, al diffondersi di episodi di violenza tra pari e a danno degli insegnanti. Violenza come mezzo di relazione con gli altri!

Un altro fenomeno preoccupante è rappresentato dalla presenza tra gli adolescenti di relazioni più competitive che cooperative, povere di attenzione verso gli altri.
Si tratta di difficoltà relazionali, caratterizzanti i processi di apprendimento e di insegnamento, con un alto grado di intensità emotiva, che richiedono strategie e azioni metodologiche meditate e strutturate anche in senso organizzativo.

In questo periodo di profondo malessere emozionale diventa quindi fondamentale l'alfabetizzazione emotiva per la crescita armonica dei nostri alunni/studenti e per migliorare non solo il loro il benessere a scuola, ma anche quello dell’intera comunità scolastica.

La scuola, insieme alla famiglia, deve riflettere su questo e assumere dunque un ruolo importante nell’educazione dell’emotività: lavorare con i ragazzi e le ragazze sulla consapevolezza del sé, educarli a non sentirsi sopraffatti/e dalle emozioni risulta sempre più importante! Educare i ragazzi a capire ciò che essi provano (e anche ciò che provano gli altri) è necessario anche per evitare che momenti di rabbia degenerino in sopraffazione e atti violenti.

Che cos'è l'intelligenza emotiva?

Ma per capire l’importanza dello sviluppo emotivo a scuola occorre sapere che "L’apprendimento non avviene a prescindere dai sentimenti dei ragazzi. Ai fini dell’apprendimento, l’alfabetizzazione emozionale è importante come la matematica e la lettura".
Con queste parole, lo psicologo americano Daniel Goleman, già nel 1995, spiegava la sua convinzione sulla necessità di promuovere l’alfabetizzazione emotiva nelle scuole: concetti approfonditi nel 2011 nel suo libro “Intelligenza emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici".

Intelligenza emotiva: una capacità insita in ognuno di noi, che può essere sviluppata, perfezionata e trasmessa per migliorare il proprio rapporto con sé, con gli altri e con le realtà che viviamo ogni giorno.

Nel corso degli anni, il concetto di Goleman è entrato diffusamente nelle teorie pedagogiche e didattiche e nelle varie normative nazionali.

Infatti, in Italia, le Indicazioni nazionali del 2012 portano più volte l’attenzione sulle emozioni: in relazione alla capacità di esprimerle, comprenderle, svilupparle per l’acquisizione dell’autonomia e per l’apprendimento stesso.

Una buona alfabetizzazione emotiva, dicono gli esperti, può addirittura aiutare a diminuire la produzione di cortisolo, l’ormone responsabile dell'ansia e dei suoi effetti sul nostro organismo: lo stress e l'ansia innescano risposte simili nel nostro corpo, poiché in entrambi possono essere presenti risposte di lotta e di fuga.

Lo psicologo americano John Anderson sostiene  che "le emozioni esercitano moltissimi effetti sul nostro apparato cognitivo, e uno dei loro ruoli è quello di stabilire gli obiettivi che vogliamo raggiungere".

Un’emozione, quindi, può predisporre ad un’azione successiva… per raggiungere un determinato obiettivo.

Secondo Anderson, di fronte a un progetto che un alunno si prefigge, i risultati possono essere di due tipi:

  • Un immediato blocco, con la conseguente formazione di emozioni di tipo negativo (frustrazione, ansia, insicurezza, ecc.) che determinano, nel migliore dei casi, uno spostamento del progetto ("non riesco a fare questa cosa e quindi la modifico, la ridimensiono"). Nel peggiore dei casi lo studente fugge dalla situazione che crea ansia ("sto a casa"). In entrambi i casi si possono manifestare modifiche della propria autostima, tentativi di affermazione aggressiva del proprio ruolo o rifiuto della scuola.
  • Una conferma delle proprie capacità, se, viceversa, di fronte al proprio progetto lo studente riesce a intravedere i primi successi in quella direzione.
    Egli sviluppa così emozioni positive di appagamento, di sicurezza e ciò lo predispone alla tappa successiva e lo rassicura nella possibilità di andare oltre.
    (Dott. Bruno Bonandi, Insegnare le emozioni a scuola)

Lo stress, quindi, non è necessariamente un male.
Abbiamo infatti:

  • uno stress “buono”, che consente al nostro organismo di far fronte a piccole e grandi emergenze, dandoci una forza e una resistenza inaspettate;
  • uno stress “cattivo”, che compare se la situazione negativa si protrae troppo a lungo nel tempo, non è seguita da una fase di rilassamento e si ripercuote in una serie di ricadute dannose per l’organismo.

Tutti abbiamo sicuramente sperimentato lo stress cattivo a scuola: durante un’interrogazione, una verifica, un esame, una gara sportiva, litigando con un compagno…
Infatti, "Le ricerche scientifiche ci dicono che il 97% del tempo di studio è vissuto con fatica, ansia, tensione, giudizio, paura e noia, ovvero quelle emozioni collegate ai sistemi di giudizio, che rendono gli apprendimenti estremamente fragili e instabili e destrutturano le intelligenze, che invece crescono, si rafforzano e migliorano quando si provano emozioni quali curiosità, interesse, percezione di sé, condivisione, sfida cognitiva ottimale, riuscita in una situazione di fatica, soddisfazione" scrive nel 2019 Daniela Lucangeli nel suo libro "Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere".

Perché si provano queste spiacevoli emozioni e quali ne sono le cause?

Neuroscienze, emozioni e apprendimento: la scienza del cervello

Lo studio del cervello ha coinvolto negli ultimi anni scienziati e medici di varie specialità, che vanno dalla biologia molecolare alla psicologia sperimentale, attraverso discipline come l‛anatomia e la fisiologia. Gli interessi condivisi hanno condotto ad una nuova disciplina, chiamata appunto neuroscienze.

È proprio questa nuova scienza che ci aiuta a capire come funziona il nostro cervello.

"Il cervello può vedere e percepire. Può avvertire dolore e le sue reazioni chimiche lo aiutano nel controllarne gli spiacevoli effetti. Possiede numerose aree dedicate a coordinare i nostri movimenti al fine di espletare azioni complesse.(…) Esistono inoltre somiglianze tra il modo in cui si sviluppa il cervello e i meccanismi che compaiono più tardivamente, responsabili delle modificazioni delle connessioni tra le cellule: si tratta di un processo definito plasticità neurale. Si ritiene che la plasticità stia alla base dell‛apprendimento e della memoria. Il nostro cervello può ricordare i numeri telefonici e ciò che abbiamo fatto il Natale scorso. Purtroppo, soprattutto per un cervello che ricorda le ricorrenze familiari, non mangia e non beve. È quindi un po' limitato. Ma subisce lo stress, come facciamo noi tutti, modificando alcuni meccanismi ormonali e molecolari che possono condurre ad un‛ansia eccessiva, come quella che provano molti di noi all‛approssimarsi di un esame".
(La scienza del cervello - Un'introduzione per giovani studenti)

Daniela Lucangeli sottolinea che ciò che impariamo si fissa nel cervello insieme alle emozioni: "Se un bambino impara con curiosità e gioia, la lezione si inciderà nella memoria insieme alla curiosità e alla gioia. Se impara con noia, paura, ansia, si attiverà l’alert: la risposta della mente trasmetterà il messaggio Scappa da qui, perché ti fa male".
Nella sua recente teoria sulla Warm Cognition (cognizione calda), la psicologa ricercatrice dimostra che ogni volta che un individuo apprende un concetto, oltre a memorizzarlo, salva anche l'emozione che ha provato in quel momento e in futuro il suo cervello gli farà rivivere i due ricordi in modo associato.
Pertanto, tutto quello che si impara con paura, ansia, angoscia, genera delle memorie che ci tengono in costante allerta: ne deriva che un sistema di apprendimento basato sull’avere paura degli errori o delle verifiche produce negli alunni e nelle alunne un cortocircuito. La “benzina della mente”, secondo Lucangeli, sono invece le emozioni positive: esse liberano le funzioni cognitive e attivano così un efficace circuito di apprendimento.

Ad ogni atto cognitivo che riguardi l’attenzione, la memoria, la comprensione, corrisponde un tracciato emozionale: "il nostro cervello mentre pensa, sente anche", ci ricorda Lucangeli. I circuiti del pensiero e delle emozioni sono interconnessi e questo implica che non esiste alcun atto della nostra mente che non sia, contemporaneamente, apprendimento ed emozione.

Ma cos’è esattamente un’emozione?

Non si è ancora giunti ad una unica e condivisa definizione di emozione: pertanto ne citiamo alcune.

"L’emozione può essere definita come una risposta complessa dell’organismo a stimoli (immaginari o reali), che si manifestano con specifici pattern di azioni (ad esempio la fuga o evitamento) e con modificazioni corporee (frequenza del battito cardiaco, temperatura corporea ecc.) misurabili.
L’emozione è la reazione ad uno stimolo (immaginario o reale), caratterizzata da aspetti fisiologici (cambiamenti della frequenza cardiaca, sudorazione, ecc.) e da aspetti cognitivi, ossia dalla valutazione cognitiva delle modificazioni fisiologiche e della natura dello stimolo (appraisal)."
(Psicologia generale - Emozioni)

Le emozioni sono processi multi componenziali che informano le nostre vite, determinano le nostre azioni e i nostri comportamenti. Sono risposte innate, composte da fenomeni involontari, automatici e simultanei, che coinvolgono sia il corpo che la mente. Le emozioni, a differenza di stati d’animo e dei sentimenti, sono risposte intense e di breve durata, istintive e immediate, del sistema nervoso a degli stimoli interni (come un pensiero) o esterni (come un rimprovero).

"Possiamo immaginare le emozioni come variazioni improvvise di flusso; io per descriverle parlo spesso di picchi hertziali, riferendomi all’attivazione di circuiti complessi. Le emozioni sono, dunque, corrente neuroelettrica, ed essa lascia una traccia: scrive nella nostra memoria" spiega Lucangeli nel suo libro Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere.

Emozioni primarie e secondarie

Lo psicologo statunitense Paul Ekman, uno dei maggiori studiosi delle emozioni, riprendendo gli studi di Charles Darwin, ha identificato 6 emozioni, uguali per tutti e in tutte le culture, che possono essere definite come primarie.

  • Le emozioni primarie, innate ed universalmente valide, sono: rabbia, disgusto, paura, tristezza, gioia e sorpresa.
  • Successivamente, Ekman ampliò la lista delle emozioni aggiungendo le emozioni secondarie: nascono dalle emozioni primarie e sono una combinazione di esse. Ad esempio: il rammarico, la delusione, la vergogna, il disprezzo, la contentezza, l’imbarazzo, l’eccitazione, la colpa, l’orgoglio, il sollievo, la soddisfazione, etc.

È essenziale educare emotivamente gli studenti, consentendo loro di sviluppare la consapevolezza delle emozioni e delle relazioni interpersonali.
Il docente ha il difficile compito di far capire agli alunni che non esistono emozioni giuste e sbagliate, ma che, per non esserne sopraffatti, serve averne consapevolezza ed essere in grado di interrogarsi sulla provenienza di ognuna di esse.

Non solo! Le diverse evidenze neuro scientifiche degli ultimi anni hanno dimostrato come le emozioni abbiano un ruolo molto importante in ambito scolastico in quanto si riflettano proprio sulla qualità dell’apprendimento degli alunni.
(Vedi approfondimento - Sviluppo emotivo nei ragazzi: come sviluppare l'intelligenza emotiva a scuola)

Emozioni e apprendimento: l’intelligenza e l’apprendimento funzionano al meglio quando si è felici

Spiega in un’intervista Daniela Lucangeli, "lo studio delle emozioni ci ha dato prova di come esse abbiano luogo nel sistema limbico, in particolare nell’amigdala, e abbiano una funzione di allerta per l’organismo, fortemente legata alla sopravvivenza. Questa attivazione dei centri sottocorticali dell’encefalo determina la componente fisiologica dell’emozione (ad esempio: la tachicardia, la sudorazione e la tensione muscolare, ecc.) e parallelamente avviene una valutazione dello stimolo anche da parte delle cortecce associative, che mettono in moto i processi di valutazione cognitiva, legata al contesto, rendendo queste funzioni parti integranti dell’esperienza emotiva. Dunque se i nostri bambini e studenti studiano con ansia, con paura del giudizio, con la noia, cosa ci possiamo aspettare? Il loro sistema di sopravvivenza si attiverà ora e in futuro in modo tale da consentirgli l’evitamento di situazioni analoghe."
(Le emozioni come fonte di apprendimento – Intervista a Daniela Lucangeli)

Emozione e cognizione sono dunque fortemente connesse dal momento che sono proprio le emozioni ad accompagnare l’apprendimento degli studenti.

"Se ci si concentra solamente sull’aspetto didattico o cognitivo – prosegue Lucangeli – si rischia di perdere di vista il legame forte tra emozioni e apprendimento, che possiamo far sperimentare proprio nei contesti scolastici ed educativi. Occorre dunque che gli adulti e gli insegnanti per primi si sentano protagonisti del cambiamento che vorremmo vedere tutti nella scuola, che si pongano come differenziali di sviluppo, veri e propri potenziatori di funzione pronti non a sostituire o a giudicare, ma ad accompagnare ogni persona in ciò che sta vivendo e di cui ha bisogno in questa particolare finestra evolutiva."

L’insegnante ha dunque un compito non facile: porsi come mediatore di benessere nell’insegnamento… anche di cose complesse.

Ma quali sono le diverse strategie e metodologie didattiche che si possono adottare nelle scuole per insegnare e potenziare l’intelligenza emotiva e far sì che gli studenti diventino capaci di monitorare le proprie e le altrui emozioni, di differenziarle e di usare tali informazioni per guidare il proprio pensiero e le proprie azioni?

Non si tratta di un’unica metodologia efficace, ma di un insieme di procedure e strategie metodologiche/didattiche, non tradizionali ma fondanti i modelli di didattica funzionale, che fanno appello anche alla creatività e all’estro del docente.
(Vedi approfondimento - Strategie  e metodologie didattiche per sviluppare l'intelligenza emotiva)

BIBLIO/SITOGRAFIA

A cura di Viviana Rossi e Maria Enrica Bianchi

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