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Approvato anche dal Senato lo sviluppo delle competenze non cognitive a scuola

Il Senato ha approvato il 20 novembre 2024 il disegno di legge che introduce normativamente lo sviluppo di competenze non cognitive e trasversali nei percorsi scolastici di ogni ordine e grado e nella formazione professionale. La proposta, già approvata alla Camera il 3 agosto 2023, è ora diventata legge.

 Con 80 voti favorevoli, nessuno contrario e 47 astenuti, il Senato ha approvato il disegno di legge che introduce “lo sviluppo di competenze non cognitive e trasversali” (soft e life skills) nei percorsi scolastici di ogni ordine e grado, nei centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA) e nei percorsi di istruzione e formazione professionale… nel rispetto delle prerogative del Collegio dei docenti.

La proposta, già approvata alla Camera il 3 agosto 2023, è ora diventata legge, in quanto è stata approvata anche dal Senato, con alcune modificazioni, il 20 novembre 2024.

L’obiettivo è rendere gli studenti autonomi e consapevoli delle proprie scelte per costruire il loro futuro. La scuola non forma solo la mente, ma anche la coscienza”, dichiara la senatrice Ella Bucalo. “Questo provvedimento rappresenta un passo concreto per affrontare il problema dell’abbandono scolastico, in linea con gli obiettivi del PNRR”.

Vogliamo però ricordare che già nel 2019 due atti legislativi, come la Legge 92 del 20 agosto 2019, "Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica", e il DM 774 del 4 settembre 2019, "Linee Guida in merito ai Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO)", hanno sottolineato l’ importanza delle competenze trasversali.

In entrambi i casi, sia per i percorsi di educazione civica sia per i PCTO, la valutazione delle competenze acquisite dagli studenti, attraverso azioni mono/multi ed inter disciplinari, ha chiamato in gioco l’uso di precisi indicatori valutativi di competenza. Infatti, tali percorsi sono valutabili solo con il contributo di un’attenta osservazione dell’insegnante e dell’autovalutazione dello studente stesso. Questo perché ormai il problema che tutti i sistemi educativi, compreso il nostro, stanno affrontando ora è quello di affidare all’insegnamento anche la capacità di insegnare a vivere. (E. Morin, "Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione", 2015)

Purtroppo però la nostra scuola, anche se con programmazioni didattiche molto ricche, presenta ancora una struttura piuttosto rigida, che non lascia molto spazio allo sviluppo delle competenze non cognitive trasversali nei nostri ragazzi, competenze che invece sono fondamentali per una formazione integrale che permetta di affrontare con successo il mondo del lavoro e non solo.

 Ma quali sono le competenze non cognitive

Non esiste ancora un’unica definizione, visto che la tematica è ancora recente, ma già nel 1993 l’OMS aveva individuato 10 life skills for life, definendole come competenze sociali e relazionali che permettono ai ragazzi di affrontare in modo efficace le esigenze della vita quotidiana, rapportandosi con fiducia a se stessi, agli altri e alla comunità. (Le Life Skills dell’OMS (1993 - 1999) - Competenze per la vita).

Deriva da qui la prima organica definizione delle skills for life e della necessità sociale della presa in carico da parte della scuola della loro formazione.
“Con il termine skills for life si intendono tutte quelle abilità competenze che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni, gli stress della vita quotidiana. La mancanza di tali skills socio-emotive può causare, in particolare nei giovani, l’instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio rispetto agli stress […] Per insegnare ai giovani le skills for life è necessario introdurre specifici programmi nelle scuole…”
(OMS, Life Skills Education in School, Ginevra, 1993)

Le competenze non cognitive, note anche come “soft skills” o “life skills”, sono oggetto di studio e promozione da parte di numerosi esperti e organizzazioni internazionali, in quanto sono sempre più ritenute necessarie per affrontare efficacemente le sfide della vita quotidiana.
Esse includono abilità, atteggiamenti e competenze che vanno oltre le tradizionali materie scolastiche e che portano a comportamenti positivi che rendono l'individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni.
Queste competenze riguardano la capacità di relazionarsi, gestire le emozioni, risolvere problemi e adattarsi ai cambiamenti. Si tratta di 10 life skills, fondamentali per il benessere e la realizzazione personale e professionale, cioè di abilità necessarie ad adattarsi in modo positivo alla propria realtà, che consentono ai ragazzi di affrontare le difficoltà e le sfide che la quotidianità propone loro, non solo in ambito scolastico, ma anche e soprattutto nella vita di tutti i giorni.

Si possono suddividere in tre macroaree:

  1. Competenze emotive → consapevolezza di sé, gestione delle emozioni, gestione dello stress.
  2. Competenze relazionali → empatia, comunicazione efficace, costruzione di relazioni efficaci.
  3. Competenze cognitive → pensiero critico e creativo, capacità di risolvere problemi di prendere decisioni

L’OCSE e l’Unione Europea parlano invece di “competenze chiave”: rispettivamente di competenze chiave per una positiva vita attiva e per il buon funzionamento della società e competenze chiave per l’apprendimento permanente.

Questa pluralità di denominazioni non cambia però la loro sostanza. E forse la definizione più semplice possiamo farla per differenza: le soft skill sono tutte le abilità che non rientrano nelle hard skill. Le hard skill sono infatti le competenze tecnico-specialistiche, che dipendono dal bagaglio formativo personale e dalle nostre esperienze pregresse. Hard skill e soft skill sono quindi complementari, le prime definiscono quanto sappiamo, le seconde invece chi siamo.”
(Cosa sono e a cosa servono le soft skill)

 Cosa prevede ora la nuova normativa?

Ricordiamo che la Proposta di legge approvata alla Camera il 3 agosto 2023 aveva già come obiettivo dichiarato dei legislatori quello di migliorare il successo formativo attraverso iniziative finalizzate allo sviluppo delle competenze non cognitive e trasversali nelle attività educative e didattiche delle istituzioni scolastiche statali e paritarie di ogni ordine e grado, prevenendo così analfabetismi funzionali e, quindi, riducendo la dispersione scolastica e la povertà educativa.

Come? Con la formazione, cioè andando a formare i docenti in modo specifico per introdurre o implementare nelle proprie pratiche didattiche tali competenze da far sviluppare ai loro studenti.

Nel testo della Proposta di Legge del 2023 venivano, infatti, identificate alcune abilità trasversali agli apprendimenti, ma utili a sostenerli, “spendibili” anche al di fuori delle mura scolastiche: la flessibilità, la creatività, l’attitudine alla risoluzione dei problemi, la capacità di giudizio, la capacità di argomentazione e la capacità di interazione, aspetti che possiamo definire come trasversali alle varie discipline.

La norma prevede ora una sperimentazione triennale, che partirà dal prossimo anno scolastico proprio per integrare queste competenze nei percorsi educativi e didattici. La partecipazione sarà volontaria, gestita su base progettuale e inizialmente riservata alle scuole secondarie di primo e secondo grado.

È previsto un piano straordinario di formazione per i docenti, per supportare l’implementazione efficace di queste competenze nelle attività didattiche. La scuola è sicuramente “il laboratorio privilegiato per far emergere e sviluppare le competenze trasversali”. Le scuole interessate potranno presentare le loro proposte al Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM), che le valuterà attraverso una commissione dedicata.

Le fasi principali della sperimentazione saranno tre.

  1.  Primo anno: formazione dei docenti con fondi specifici assegnati a enti accreditati scelti direttamente dalle scuole. Questo periodo servirà a preparare i docenti a integrare le competenze non cognitive nel loro insegnamento quotidiano.
  2. Secondo e terzo anno: integrazione interdisciplinare e graduale delle competenze non cognitive nei metodi didattici, rispettando l’autonomia delle scuole, ma con linee guida a supporto.
  3. Monitoraggio e valutazione: la sperimentazione sarà monitorata costantemente fino al quinto anno delle superiori e al primo anno di eventuali percorsi universitari, per misurare l’efficacia a lungo termine di queste competenze nel processo formativo degli studenti. La valutazione della sperimentazione sarà affidata a esperti accademici e dirigenti scolastici in quiescenza.

La sperimentazione individua quattro focus di ricerca che meritano di essere elencati, per comprendere meglio come attivare i possibili percorsi nelle scuole e come scegliere gli adeguati strumenti di valutazione.

Il testo normativo precisa, infatti, che la predetta sperimentazione è finalizzata:

  1. all'individuazione delle competenze non cognitive e trasversali il cui sviluppo è più funzionale al successo formativo degli alunni e degli studenti. Nel corso dell'esame presso il Senato si è aggiunto che ciò avviene garantendo che tali competenze siano accessibili a tutti gli studenti, inclusi quelli con disabilità e bisogni educativi speciali, al fine di promuovere un'educazione realmente inclusiva ed equa;
  2. all'individuazione di buone pratiche relative a metodologie e a processi di insegnamento che favoriscano lo sviluppo delle competenze non cognitive e trasversali, nonché dei criteri e degli strumenti per la loro rilevazione e valutazione, in coerenza con la certificazione delle competenze e con le competenze chiave europee per l'apprendimento permanente;
  3. all'individuazione di percorsi formativi basati su metodologie didattiche innovative che valorizzino potenzialità, motivazioni e talenti degli studenti, contribuendo alla riduzione della dispersione scolastica, sia manifesta sia implicita, anche attraverso percorsi per le competenze trasversali e per l'orientamento e partenariati con organizzazioni del Terzo settore e del volontariato;
  4. alla verifica degli effetti dello sviluppo delle competenze non cognitive e trasversali sul miglioramento del successo formativo e sulla riduzione della dispersione scolastica e della povertà educativa.”
    (https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/440476.pdf)

Si tratta ora di capire cosa significhi insegnare le competenze non cognitive e come sia possibile insegnarle. Non solo, ma anche come lo sviluppo delle competenze non cognitive nei percorsi scolastici sia una risposta funzionale al contenimento della dispersione scolastica: perché questo è lo scopo dichiarato del disegno di legge.
(Leggi SCARICABILE 1 - Come insegnare e valutare le competenze non cognitive?)

Le competenze sono ormai diventate una sfida per l’Europa. Un elemento chiave per una reale “unione delle competenze” in Europa è l’introduzione di un sistema comune di certificazione e quindi di un unico modello europeo di certificazione delle competenze, che renda facilmente comprensibili e utilizzabili, in tutta l’Unione Europea, le competenze acquisite attraverso programmi formativi nazionali, così come quelle ottenute tramite percorsi informali e non formali.
(Leggi SCARICABILE 2 - Competenze, una sfida per l’Europa)

La missione della scuola, secondo il filosofo e sociologo Edgar Morin, è quella di insegnare alle future generazioni a vivere, sviluppando al meglio la propria individualità e il legame con gli altri, ma preparandosi anche ad affrontare le molteplici incertezze e le difficoltà del destino umano.

“Nell'incertezza della vita, voi docenti avete una missione da affrontare: aiutare gli allievi, i giovani ad imparare a vivere. La conoscenza fine a se stessa, infatti, non serve, deve invece servire per vivere". (E. Morin, Insegnare a vivere, 2015)
(56° Rapporto CENSIS: Paese nell’incertezza; scuola ancora di più)

 

 BIBLIO/SITOGRAFIA

A cura di Viviana Rossi e Maria Enrica Bianchi

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