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Se non affrontata, l’ansia da prestazione può generare depressione o altre forme di ansia generalizzata e portare a un calo dell’autostima e della qualità della vita, interferendo così con il raggiungimento del successo scolastico. Cosa possono fare scuola e famiglia?
Sempre più spesso leggiamo di episodi dove ragazzi e ragazze vivono profonde crisi di panico, sono divorati dall’ansia per l’andamento e i risultati scolastici e sono preoccupati per un futuro sempre più incerto. A peggiorare le cose è stata l’emergenza da Covid-19: dopo la pandemia uno su due adolescenti/giovani soffre di ansia e depressione. Le conseguenze di questi vissuti si manifestano con una profonda sofferenza, con condotte antisociali, autolesionismo, disturbi dell’alimentazione e del sonno, fino ad arrivare, nei casi più gravi, al suicidio.
E la famiglia, la scuola e tutta la società non possono rimanere indifferenti di fronte a questi segnali e comportamenti con cui ragazzi e ragazze chiedono aiuto!
L’ansia da prestazione è una forma di ansia legata al timore di non riuscire a soddisfare determinate aspettative, che possono essere personali, sociali o professionali.
Si manifesta in contesti specifici, come lo studio, il lavoro, la vita sociale o le relazioni intime.
L’ansia da prestazione si manifesta spesso attraverso segnali corporei, tra cui:
I sintomi emotivi e mentali sono centrali nell’ansia da prestazione e includono:
L’ansia da prestazione può portare a determinati comportamenti che si notano nel quotidiano:
L’ansia da prestazione può insorgere in vari contesti:
L’ansia da prestazione può essere alimentata da:
Se non affrontata, l’ansia da prestazione può generare depressione, burnout o altre forme di ansia generalizzata e portare a un calo dell’autostima e della qualità della vita, interferendo così con il raggiungimento del successo scolastico e, più tardi, degli obiettivi personali e professionali. (Ansia da prestazione: caratteristiche e conseguenze)
Lo studente o la studentessa in preda all’ansia da prestazione scolastica vive una condizione di disagio, caratterizzata da agitazione e da paura irrazionale e non controllabile, in relazione a prove scolastiche e può provocare, in differenti modi e misure, il timore del giudizio negativo, dell’insuccesso, di deludere gli adulti di riferimento.
I bambini e gli adolescenti che ne soffrono presentano un livello d'ansia tale da compromettere significativamente il buon rendimento scolastico: infatti, spesso, presentano difficoltà sia a livello didattico sia a livello emotivo e comportamentale.
Inoltre, spesso il disturbo è accompagnato da comportamenti problematici e sintomi somatici. Ad esempio, ci possono essere reazioni ansiose talmente importanti, nel momento in cui si esce da casa o si arriva davanti alla scuola, da sfociare in veri e propri sintomi da panico. E anche il sonno e i momenti di riposo possono essere condizionati e disturbati da un alto livello di angoscia.
Ma dobbiamo considerare l'ansia sempre come patologia?
No, è importante distinguere l’ansia patologica da quella normale.
“La distinzione tra ansia patologica e paura “normale” dell’infanzia si deve basare sui criteri di intensità, frequenza e durata (Lambruschi 2004): quando la reazione d’ansia del bambino è molto intensa, appare frequentemente e dura a lungo, possiamo parlare di ansia patologica”. (F. Mazzocco)
Il dubbio è: la scuola italiana mette stress e paure?
Secondo il Rapporto Ocse di qualche anno fa, il 56% degli studenti italiani che hanno risposto al questionario hanno dichiarato di diventare nervosi quando preparano una verifica, una percentuale molto più alta della media OCSE fissata al 37%, mentre addirittura il 70% si dichiara ansioso prima di un’interrogazione pur avendo studiato.
Ben l’85% degli intervistati è preoccupato di non prendere buoni voti: una preoccupazione decisamente inferiore nel resto dell’Europa, dove si tocca solamente il 66%.
Lo studio promosso dall’OCSE, inoltre, sostiene che i nostri ragazzi trascorrono dalle 5 alle 6 ore in classe dal lunedì al sabato, con una media, secondo le interviste effettuate, di 2-3 ore di studio giornaliero, che trascorrono in un grave clima di tensione, paura e ansia, che rende la pratica dell’acquisizione delle informazioni meccanica, faticosa e talvolta impossibile da espletare.
Infatti, Daniela Lucangeli, Ordinario in Psicologia dell’educazione e dello sviluppo presso l’Università di Padova, in una recente intervista per Orizzonte scuola, afferma: “L’ansia brucia energie ed immobilizza. Uno studente che non si sente capito fa fatica nello studio. (…) Non basta che dica di non avere paura perché il mio cuore non batta forte e la mia angoscia non arrivi… Usiamo la warm cognition: cognizione calda. (…) Quindi mentre tu mi parli io non comprendo solo ciò che mi dici, sento la tua disponibilità, la tua delicatezza, la tua gentilezza, la tua profondità, il mio cervello lo sente, ti riconosce, così come i miei occhi ti vedono. Pertanto il sistema è un sistema che contemporaneamente mentre comprende sente.” (L’ansia brucia energie ed immobilizza. Uno studente che non si sente capito fa fatica nello studio. Usiamo la warm cognition)
Sono molti i fattori esperienziali esterni e correlati al mondo della scuola che possono alimentare l’ansia da prestazione.
Gli esperti ci dicono che in primis sono due quelli che possono scatenare crisi di ansia: lo scarso rendimento scolastico e il rapporto, teso e faticoso, con uno o più docenti. Rapporti, appunto, in cui studenti e studentesse vivono una forte tensione emotiva e tendono a provare sentimenti negativi, come l’ansia e la paura. (Docente - allievo/a: una relazione complessa e dalle mille sfaccettature)
Per non parlare degli stati di ansia collegati con alcuni disturbi neurologici di apprendimento: ad esempio, i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), i Disturbi da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD), i Disturbi del Linguaggio e della Comunicazione, i Disturbi dello Spettro Autistico (ASD)… (Vedi SCARICABILE 1 - L’ansia nella ricerca scientifica)
A volte, gli stati di ansia e di angoscia possono però essere imputati anche alle relazioni con compagni e compagne: gli atti di bullismo, soprattutto nell'adolescenza, provocano un forte disagio alle vittime che subiscono questi attacchi.
Inoltre, lo studente o la studentessa potrebbe avere pensieri non funzionali riguardo la permanenza a scuola pensando di non essere capace ad affrontare anche delle semplici sfide quotidiane, educative e didattiche, che tende a vivere come insopportabili, faticose e complesse.
Spesso ragazzi e ragazze non riescono a descrivere il loro malessere o le loro difficoltà, ma tendono a manifestarli con disturbi somatici e chiedono ai docenti di contattare le famiglie per poter ritornare nel loro ambiente familiare, che vivono come un’alternativa valida e rassicurante per liberarsi da questa oppressione insostenibile.
Invece, in molti casi i vissuti di ansia scolastica sembrano essere apparentemente immotivati perché coinvolgono studenti e studentesse che in apparenza non hanno problemi nello studio e hanno una buona resa scolastica e, per il loro profondo desiderio di dare una buona immagine di sé, faticano ad accettare gli errori. Per loro è inaccettabile fare “brutte figure”.
A volte sono, invece, sono i genitori che non accettano i risultati scolastici dei loro figli e li caricano di aspettative personali sia per quanto riguarda l’ambito didattico sia per quello relazionale e sociale.
Oppure è il ragazzo o la ragazza a porsi obiettivi più alti e ambiziosi e a non accettare sconfitte o risultati non soddisfacenti, anche occasionali.
In entrambi i casi il rischio è che si abbiano prestazioni peggiori a causa dell’ansia negativa che blocca invece che motivare.
Infatti, “lo stress causa una produzione eccessiva cortisolo ed è causa di cortocircuito emozionale, di blocco, di chiusura. Se esso si verifica, motivazione e attenzione lasciano il posto alla paura e senso di colpa; la memoria del sentimento di incapacità e inadeguatezza finirà nella memoria autobiografica, intaccando significativamente l’autostima e l’autoefficacia dell’alunno”. (D. Lucangeli)
L'ansia scolastica può interagire con la profezia che si autoavvera in vari modi. Ad esempio, se uno studente ha paura di fallire, questa ansia può portarlo a evitare di impegnarsi a fondo nello studio, a non partecipare alle attività scolastiche o a non chiedere aiuto quando ne ha bisogno. Questo comportamento può generare risultati negativi reali, come scarsi voti o una performance sotto le aspettative, che a loro volta confermano la sua convinzione di non essere capace, creando un circolo vizioso.
Come possiamo, scuola e famiglia, “gestire” l’ansia da prestazione scolastica?
La scuola ha un ruolo fondamentale nel prevenire e affrontare l'ansia da prestazione scolastica: un fenomeno che può compromettere il benessere e il rendimento degli studenti. Il primo passo è la consapevolezza di tutti gli attori: sarebbe necessario includere nell’offerta formativa momenti di riflessione sull’importanza della salute mentale, sulla gestione delle emozioni e sulla consapevolezza del proprio valore, che va oltre la performance scolastica.
È importante anche promuovere la resilienza, insegnando agli studenti e alle studentesse come affrontare le difficoltà, imparare dai fallimenti e sviluppare una mentalità di crescita che aiuta a ridurre la paura di non essere "all’altezza".
“Nella psicologia, la resilienza viene a significare la capacità dell'uomo di affrontare e superare le avversità della vita in maniera vitale, uscirne rinforzato e in grado di progettare positivamente il futuro: può, in tal senso, essere associata alle parole istinto di vita, slancio vitale, tendenza attualizzante. Stefan Vanistendael (2009) afferma che la resilienza implica non solo la capacità di opporsi alle pressioni dell’ambiente, ma anche una dinamica positiva, una capacità di andare avanti. Non si limita a una resistenza, ma permette la ricostruzione di un percorso di vita. George Valliant (1993) rileva che la resilienza è un processo che si manifesta in modo diverso nei vari individui, a seconda della personalità, dei modelli di riferimento, dei processi di apprendimento e delle vicissitudini. Essa nasce dall’integrazione di elementi presenti nel singolo e nell’ambiente”. (Fonte Cesvi)
Ci sono diverse strategie che le scuole possono adottare per curare e prevenire l'ansia da prestazione.
Ai ragazzi:
Lavorando in questo modo si porta lo studente ad essere agente del proprio apprendimento e del proprio benessere, non semplice e passivo ripetitore di prestazioni.
In ogni caso, è fondamentale che scuola, genitori ed educatori lavorino insieme per cercare di individuare fin dai primi sintomi casi di stress degli adolescenti perché è importante prenderli in tempo e lavorarci con il giusto approccio e percorso. (D. Galuppi)
Un sostegno emotivo adeguato, aspettative realistiche e la promozione di una mentalità positiva e resiliente possono fare una grande differenza nel benessere psicologico degli studenti. (Docente - allievo/a: una relazione complessa e dalle mille sfaccettature)
A scuola, è importante creare un ambiente di apprendimento positivo e inclusivo, dove vengono ridotti la pressione e il giudizio e gli studenti e le studentesse possono sentire di vivere in un luogo sicuro, dove commettere errori non è solo tollerato, ma è parte del processo di apprendimento. Un luogo dove viene favorito un dialogo aperto e non giudicante; dove i docenti possono essere una risorsa importante nell'individuare segnali di ansia e creare un ambiente in cui gli studenti si sentano liberi di parlare delle loro difficoltà e di chiedere aiuto.
La promozione di una cultura che valorizzi l’impegno piuttosto che solo il risultato finale (e dove sono premiati il miglioramento e la perseveranza) aiuta a ridurre l’ansia.
Anche nuove forme valutative possono aiutare a contenere l’ansia scolastica da prestazione. “Infatti, per un numero crescente di studenti la valutazione è un fattore in grado di influenzare negativamente l’esperienza scolastica e il benessere personale. Basti pensare allo stress e all’ansia che spesso precedono un compito in classe o come un semplice voto ottenuto negli ultimi mesi di scuola possa cambiare drasticamente la valutazione nella pagella finale e quindi la percezione che lo studente ha delle sue capacità”. (A. S. Fanelli)
Ad esempio, la scuola potrebbe utilizzare modalità di valutazione meno stressanti, come valutazioni formative, progetti, presentazioni o auto-valutazioni, piuttosto che esclusivamente esami scritti ad alta pressione. Oppure potrebbe adottare test parziali o prove intermedie che possono ridurre l'ansia legata a un esame finale. Fondamentale, poi, un feedback continuo, che permetta agli studenti di capire meglio quali sono i progressi e di correggere le azioni prima che sia troppo tardi.
In definitiva, la scuola può svolgere un ruolo decisivo nel supportare gli studenti e nel prevenire l’ansia da prestazione scolastica, creando un ambiente positivo, inclusivo e consapevole.
Anche la famiglia ha un ruolo importante nell’affrontare l’ansia da prestazione.
La famiglia non solo deve aiutare a gestire lo stress, ma deve anche creare un ambiente in cui il fallimento sia visto come un'opportunità di crescita, contribuendo a formare giovani più sicuri di sé e capaci di affrontare le sfide scolastiche con serenità. Le scuole possono aiutare i genitori a comprendere come sostenere i propri figli senza creare aspettative irrealistiche. È fondamentale anche “che i genitori siano consapevoli dei vissuti dei propri figli e li supportino nell’accogliere le loro emozioni senza reprimerle. Grazie all’ascolto, alla comprensione e al supporto della famiglia i bambini e i ragazzi possono imparare a gestire le proprie emozioni in modo sano e costruttivo, sviluppando le competenze necessarie per affrontare le sfide della vita… (M. Bertelli)
Famiglia e scuola dovrebbero incentivare attività extrascolastiche che stimolino la creatività o che permettano agli studenti di esprimere se stessi al di fuori del contesto scolastico (sport, arte, musica, volontariato): tutte attività che possono essere un ottimo modo per ridurre la pressione scolastica e favorire una maggiore autostima.
In definitiva, interventi mirati e una comunicazione costante tra studenti, insegnanti e famiglie sono essenziali per prevenire questa problematica e promuovere il benessere globale degli studenti.
BIBLIO/SITOGRAFIA
A cura di Viviana Rossi e Maria Enrica Bianchi
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